giovedì 29 novembre 2012

UNA OPPORTUNITA' PERDUTA PER LA SCIENZA E PER I MALATI

Riguardando il video dell’intervista fatta dal Dott. Avruscio il 27/11 su TG Padova Channel (guarda il video su youtube >>) in cui il dottore dichiara, dopo l’esclusione di Padova da Brave Dreams, che “io ho dichiarato che Brave Dreams è l’unica ricerca che è costruita in maniera scientificamente rigorosa che può dare risposte certe ai pazienti in queste strutture in cui i malati sono garantiti” e poi ancora: “ Brave Dreams, con Padova o senza Padova deve andare avanti, assolutamente, e Padova farà altre ricerche che contribuiranno, spero in maniera positiva, a scoprire se c’è o non c’è una correlazione per il bene della ricerca e dei pazienti soprattutto”.
Abbiamo già detto che, per il bene dello studio Brave Dreams a livello nazionale, scegliamo di accettare questa sentenza pur non condividendola nel merito.
Può essere però interessante per molti ripercorrere assieme le tappe e le dichiarazioni che hanno portato all’esclusione di Padova dalla ricerca Brave Dreams (d’ora in poi, BD) sugli ammalati di Sclerosi Multipla (d’ora in poi, SM).

Tutto è iniziato con l’approvazione della delibera del Direttore Generale della ULSS 16 di Padova n°878 del 15/11/2012 in cui tutto veniva approvato e delineato, quindi Padova era pronta. La delibera è pubblicata nell’albo delibere dell’Ulss 16, accessibile a tutti.
A seguito della notizia suscitata dalla pubblicazione della delibera, il 20/11 esce sul Corriere del Veneto un articolo di Francesca Visentin in cui viene intervistato il Dottor Avruscio, coordinatore del progetto, che dichiara “agiremo nell’ambito dello studio BD, in collaborazione col Prof Zamboni. Il ministero ha stabilito che sia necessaria una fase di sperimentazione. In questo caso, con BD, possiamo iniziare a effettuare l’intervento su almeno 30 pazienti.” Poi: ”nel caso dell’angioplastica per gli ammalati di SM, la sperimentazione è l’unica strada perché l’intervento sia fatto in sicurezza secondo un rigido protocollo scientifico e gratuitamente in un ospedale pubblico. Se la sperimentazione darà risultati positivi si potrà passare alla pratica clinica; sono necessari studi controllati che diano risposte certe”. Queste sono le dichiarazioni del Dott. Avruscio anche se l’articolo raccontava altre cose, frutto delle ricerche della giornalista e di testimonianze di altre persone. Questo articolo ha scatenato la repressione del comitato etico di Ferrara, lo Steering Comitteee (d’ora in poi, SC), che ha comunicato, in un primo momento tramite mail, la “non inclusione” di Padova in BD non perché le notizie non fossero pubbliche, ma per la modalità comunicativa adottata adducendo che: “La divulgazione di notizie relative allo studio, con qualsiasi mezzo comunicativo, potrà avvenire soltanto attraverso il Responsabile Scientifico oppure la Chairperson dello SC, purché in accordo fra loro, e con il consenso della maggioranza dei membri dello SC. La divulgazione potrà poi avvenire soltanto attraverso l’ufficio stampa dell’Ente promotore, Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, o comunque con il consenso dello stesso Ente.” Questo il contenuto della mail che avrebbe anticipato la decisione facendo riferimento ad estratti del protocollo ben differenti da quelli poi riportati sulla lettera ufficiale di esclusione che più sotto menzioneremo. Arrivano qualche giorno dopo le reazioni a questa notizia. Il 27/11 esce un altro articolo sul Corriere del Veneto che riporta “in rivolta gli ammalati di tutta Italia, centinaia di mail e messaggi di protesta”. Perplesso si dichiara anche l’assessore alla Sanità, Luca Coletto che dice “ mi sembra una vicenda anomala, voglio andare a fondo, una dichiarazione sull’avvio di un progetto non può essere motivo di esclusione. La giunta regionale ha autorizzato l’ospedale Sant’Antonio alla sperimentazione, quell’autorizzazione rimane”. Il 29/11 escono sul Mattino di Padova e sul Gazzettino di Padova la dichiarazione di Leonardo Padrin, presidente della V commissione Sanità e Sociale della Regione Veneto che dice “esprimo sostegno al lavoro del Dott. Avruscio e ritengo che debba proseguirà anche a Padova la sperimentazione del metodo Zamboni. Non afferriamo le reali motivazioni della decisione presa dallo SC. Senza una spiegazione scientifica credibile diventa sospetto che proprio Padova sia stata estromessa dalla ricerca”. Arriva poi la lettera ufficiale da Ferrara che, richiamando l'articolo del Corriere del Veneto del 21 novembre scorso, giustifica l'esclusione dichiarando che Avruscio "ha trasgredito l'Articolo 14 del protocollo per la diffusione dei risultati dello studio a mezzo stampa". Ma Avruscio questo non lo ha mai fatto e anche volendo non lo avrebbe potuto fare perchè lo studio non era ancora partito, i pazienti non ancora arruolati, nessun intervento era stato fatto....non c'era nessun risultato da comunicare! Arriviamo alla conclusione : c’è stata una delibera pubblica, a seguito della quale il Dottor Avruscio ha solo confermato la notizia ribadendo che qualsiasi terapia medica deve essere prima sperimentata con studi scientifici pubblici a tutela dei malati e che la sperimentazione deve andare avanti per il bene della scienza e dei pazienti. Come abbiamo appena rilevato, nessun risultato è stato comunicato. Siamo sicuri che questa motivazione basata sul nulla possa bastare per cancellare un importante centro di studio? E' stato fatto il bene per la scienza? Sono stati tutelati i malati o gli è stata tolta una grande opportunità?


Paolo Destro

 

PADOVA, UNA FINE PER RICOMINCIARE

Recentemente l’equipe del Dott.Avruscio pronta a partire per iniziare la sperimentazione Brave Dreams a Padova è stata esclusa dallo studio dallo Steering Commitee di Ferrara, che ha deciso a maggioranza, a causa di una intervista rilasciata dal Dottore al Corriere del Veneto di non autorizzare l’inclusione del centro di Padova nello studio Brave Dreams” in quanto ha rilasciato delle dichiarazioni senza rispettare le modalità comunicative previste dal protocollo". Oggi qui, non vogliamo iniziare una analisi di ciò che era stato detto, non detto e come, e per il bene della sperimentazione Brave Dreams in Italia, la sua prosecuzione senza altri intoppi, annotiamo e mettiamo in archivio questa "amara sentenza". Possiamo parlare, pero', dei pazienti. Non se ne parla mai. Ancora una volta sono stati traditi da ragioni che vanno oltre il buonsenso e la logica. La sperimentazione Brave Dreams veniva vista con speranza e fiducia dai malati. Padova era finalmente pronta e accreditata, tutto era compiuto, ma no, il bizantinismo giuridico del rispetto della foglia pur sacrificando l’albero vince su tutto. Il voler far rispettare non il contenuto di ciò che è stato detto ma il modo di comunicarlo ben sapendo che questo avrebbe precluso la partecipazione di diversi pazienti alla sperimentazione non ha minimamente preoccupato nessuno a quanto sembra. Non lo capiamo, non lo condividiamo ma siamo consapevoli che, per un interesse più generale, dobbiamo rispettarlo. A Padova non si farà più Brave Dreams. Evviva, ha vinto il rispetto della regola. Hanno perso i malati. Ma nella nostra città non sarà stata detta la parola fine allo studio della Ccsvi, ne siamo certi e saremo pronti a sostenere ciò che avverrà. Adesso però è il momento di digerire questo amaro boccone e tutelare così la continuazione di Brave Dreams e i malati di Padova, che guardavano con grande attesa la nascita di questo centro di eccellenza, dovranno ancora una volta pazientare. Per adesso, ancora una volta, un pezzetto di speranza e verità è stato sepolto sotto lo scudo del formalismo che tanti danni ha fatto, sta facendo e farà in questa povera Italia. Abbiate tutti pero' la consapevolezza che un nuovo corso si dovrà intraprendere. Noi ci saremo.
Paolo Destro

lunedì 5 novembre 2012

COSMO, UNO STUDIO E NON "LO" STUDIO.

Buongiorno a tutti, oggi proviamo ad analizzare quanto pubblicato sul sito www.aism.it.
Molto spesso le risposte vanno trovate semplicemente leggendo quello che viene detto. Dovete sapere, per chi già non lo sa, che i risultati provenienti dalle sedi periferiche sono poi stati analizzati e corretti da tre medici. Il Dott Del Sette, "uno dei tre esperti che hanno effettuato la lettura centrale degli esami ecocolor Doppler dello studio Studio CoSMo", ha rilasciato sul sito della associazione una interessante intervista che tutti abbiamo letto.
Ad un certo punto dice: Domanda: "L’interpretazione dei dati di CoSMo si è effettivamente giovata della lettura centrale? Perché?" Risposta: «Sì. Esisteva un eccesso di ‘falsi positivi’ riscontrati a livello locale, che non hanno trovato conferma nell’analisi dei lettori centrali»." Altra domanda:"Per quale motivo la cecità non è stata del tutto possibile, a livello locale? " Risposta:
"«Il protocollo ha cercato di garantire la totale cecità dell’esame locale. Per esempio la persona veniva esaminata con indosso un telo di copertura, per evitare che fosse evidente se è regolarmente sottoposta a iniezioni. Probabilmente c’erano troppi fattori in gioco che non potevano essere tenuti totalmente sotto controllo. Per esempio, è capitato diverse volte che a metà dell’esame ci fossero pazienti che chiedevano di poter andare in bagno. La regola era che, in casi come questi, l’esaminatore uscisse dalla stanza prima della persona, ma è chiaro che il fatto stesso che la persona chiedesse di andare in bagno induceva a pensare che avesse problemi di incontinenza urinaria. Oppure, secondo protocollo, le infermiere dovevano entrare nella sala dell’esame e posizionare la persona prima che entrasse l’esaminatore. Ma, magari, la persona arrivava con la carrozzina e l’esaminatore, entrando, poteva in alcuni casi vedere la carrozzina parcheggiata in qualche parte»."
Per prima cosa, se un dottore esegue un eco color doppler, il reale problema non è tanto quello che ha scritto nel referto a seguito delle immagini viste ma soprattutto come ha eseguito l'esame, cioè come ha utilizzato lo strumento e dove è andato a guardare. Un "difetto" a questo livello, purtroppo, pregiudica la buona riuscita di qualsiasi lettura fatta a posteriori: se io inquadro con la macchina fotografica una targa di una automobile e metto male a fuoco, nessun "lettore" successivo saprà leggermi correttamente le lettere e i numeri di quella targa. Per un controllo sicuro dovrei rifare l'esame con un altro specialista. Forse è per questo che i responsabili di Cosmo sono così sicuri nel dare piena disponibilità nell'esaminare i dati degli ecd eseguiti? Come seconda cosa, dicono i tre saggi, hanno individuato un eccesso di falsi positivi e spiegano anche il perchè. E la cosa ha dell'incredibile. Diversi competenti specialisti sarebbero stati ingannati perchè avrebbe capito che la persona sottoposta in quel momento all'esame era affetta da Sm: un bel riconoscimento di professionalità, complimenti! E allora quando il Dottor Comi ha anticipato al mondo durante il "Best Evidences in Multiple Sclerosis" tenutosi a Roma nel mese di Aprile che "...appare già certo che la ccsvi non è la causa della malattia...." mentre lo studio Cosmo era ancora in corso con buona pace del criterio di cecità dello studio stesso? Cosa dovremmo dire? Che forse rischiamo di trovare un eccesso di falsi negativi nei risultati degli ecd? Quando un paziente non arrivava in carrozzina o non doveva andare in bagno forse allora aveva più probabilità di esser trovato negativo?
Questi sono solo pochi elementi che ci fanno considerare che lo Studio Cosmo non è LO studio ma uno dei tanti studi che sono stati fatti e vengono fatti nel mondo. Ci sono elementi secondo me fondati che non possono permettere ai pazienti di essere tranquilli con la risposta di questo studio. Vogliamo continuare a sperimentare. Chiunque desideri il blocco totale degli studi sulla Ccsvi commette un danno nei confronti dei malati di Sm. Lavora contro di loro e non per loro. Ragionate bene su questo e ricordate chi sono e che cosa dicono i soggetti in campo. Col tempo, vorrete, spero, chiedere conto dei comportamenti a cui assistiamo in questi mesi e trarne le giuste conseguenze.